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Torchiarolo

“Le origini risalgono all’epoca della formazione dei casali, dopo il mille, e dovettero essere quelle di un modesto aggregato di famiglie coloniche attorno ad una laura basiliana, di cui a quel tempo pullulavano le contrade. Si accrebbe con i profughi della vicina Valesio quando questa antica città, prima messapica poi romana, ormai ridotta a vita grama a metà del medioevo, fu rasa al suolo da Guglielmo II il malo, sceso in Puglia nel 1157 a punire i baroni ribelli. Torchiarolo fece parte della contea di Lecce” (G. Marzano).

I resti di Valesio (campeggiano le terme romane) si trovano nel cuore della campagna del paese; un sito archeologico rilevante. Anche da tale città sono venuti i primi abitanti di Torchiarolo. Il paese ha origini antiche tanto che viene fatto risalire alla fine del Cinquecento, periodo in cui Torchiarolo era un piccolo centro che palpitava di vitalità religiosa. L’etimologia della parola risente verosimilmente proprio degli sforzi che il paese, molto vicino al mare e perciò facilmente esposto a razzie, profondeva per contrastare gli attacchi dei Turchi che già nel XV secolo s’erano affacciati sulle spiagge adriatiche del Salento. Anticamente, quindi, la parola Torchiarolo, aveva origine certa da Turchi o proprio Turchia, e quindi già nel ‘400 e ‘500 Torchiarolo poteva significare “mattatoio” per i Turchi. Il termine “Torchiarolo” deriva dall’avverbio latino “Turce” usato nei registri di morte per indicare un’uccisione barbarica, cioè alla turca, con scimitarre. Di quest’origine ne è prova lo stemma Municipale di Torchiarolo, già comune prima del Seicento, che rappresenta un turco legato con catene ad una torre. Molti però fanno risalire le origini del nome al torchio di legno col quale in numerosi frantoi sotterranei della zona si spremeva l’olio dal frutto dell’albero sacro a Minerva. Il Turculum e il turcularius dettero agli addetti al lavoro dei torchi l’appellativo di “turchiaroli” e all’abitato della contrada il nome di Torchiarolo, paese dei torchi (Marzano).

Chiesa Santissima Maria Assunta

La storia del palazzo baronale è inscindibilmente legata a quella della torre nella piazza, dal momento che è addossato ad essa. Sorta per meglio difendere il territorio dagli attacchi turchi, la prima descrizione della torre risale al XVI secolo. Come attesta un documento conservato a Madrid, si trattava di un torrione con un accesso sopraelevato rispetto al piano stradale con un ponte levatoio. L’impianto è quadrangolare, con due piani separati da un cordolo a toro, l’estremità superiore ha una serie di archi con barbacani. A reggere l’imposta degli archetti sono peducci sagomati. Il torrione si conclude con una cornice modanata a dentelli e a toro.
 
A partire dal XIII secolo entrò trai possedimenti della famiglia Cerasoli, e da lì in successione feudale appartenne ai Sambiasi, ai Paladini, ai dell’Antoglietta di Lecce e quindi ai Delli Falconi.

Piazza e palazzo baronale

La storia del palazzo baronale è inscindibilmente legata a quella della torre nella piazza, dal momento che è addossato ad essa. Sorta per meglio difendere il territorio dagli attacchi turchi, la prima descrizione della torre risale al XVI secolo. Come attesta un documento conservato a Madrid, si trattava di un torrione con un accesso sopraelevato rispetto al piano stradale con un ponte levatoio. L’impianto è quadrangolare, con due piani separati da un cordolo a toro, l’estremità superiore ha una serie di archi con barbacani. A reggere l’imposta degli archetti sono peducci sagomati. Il torrione si conclude con una cornice modanata a dentelli e a toro.

A partire dal XIII secolo entrò trai possedimenti della famiglia Cerasoli, e da lì in successione feudale appartenne ai Sambiasi, ai Paladini, ai dell’Antoglietta di Lecce e quindi ai Delli Falconi.
Intorno al XVI secolo l’edificio subì un ampliamento con conseguente trasformazione in residenza nobiliare. La data 1698 che appare sulla facciata del palazzo può essere considerata la data di fine dei lavori.
 
Il palazzo baronale si sviluppa sul lato destro della torre. La facciata si innesta ad essa tramite la prosecuzione del cornicione a toro marcapiano, riproponendo la stessa scansione.
 
Risulta così diviso in due piani. La facciata originariamente aveva un aspetto molto più austero e severo, data la mancanza al piano terra di aperture e la scarsità di finestre al primo piano. Di immediato impatto visivo è il grande portale bugnato ad ampio arco a tutto sesto, la cui sommità supera il cornicione marcapiano, interrompendo la monotonia della facciata.

Chiesa del Rosario

La chiesa sorge in piazza a poca distanza dalla Matrice e nelle immediate vicinanze del palazzo baronale. I lavori per la costruzione cominciarono il 7 ottobre 1621 per devozione del figlio di Vittoria Delli Falconi, il barone Alessandro Raho-Pedaci, che ebbe particolare cura della chiesa37. Nella visita pastorale del 10 maggio 1640 da parte di Monsignor Luigi Pappacoda appariva ben tenuta: “È ben disposta, muri puliti e bianchi, tetto a canne. Ha due porte le cui chiavi sono custodite dal barone Alessandro Pedaci e dal cappellano. Ha tre sepolture: una per sé, per i figli e le loro famiglie, la seconda per i suoi servi e le loro famiglie, la terza per gli altri. Il pavimento è in cemento. Ha tre altari: l’altare maggiore con un grande quadro della Madonna del Rosario dipinta su tela, quello a sinistra dedicato a Sant’Antonio di Padova e quello a destra dedicato a San Vito Martire”.

 

Sito archeologico di Valesio

Poco distante da Torchiarolo si trovano i resti dell’antica città di Valesio, centro messapico, poi romano (Baletium), citato da Strabone come Balesium. Da insediamento capannicolo si trasforma nei secoli in città con una possente cinta muraria ed è indicata nella Tabula Peutingeriana con il nome Baletium. Della stazione di posta restano reperti e strutture riferibili ad un impianto termale di medie dimensioni, con la successione della sala principale con il mosaico, lo spogliatoio, gli ambienti del frigidarium e le sale del tepidarium, del sudatorium e del calidarium, con i tipici pilastrini a sezione quadrata che sorreggevano il pavimento rialzato e intorno al quale circolava l’aria calda che veniva dai forni. Il complesso fu realizzato all’inizio del IV secolo e rimase in uso fino al secolo successivo. Nel II secolo a.C. inizia il lento declino e nel 1157 Valesio fu distrutta dalle truppe normanne capeggiate da Guglielmo II Normanno.